Laura Di Vittorio

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In Ecuador con Spondylus: "Convivendo si condivide"


Sono partita per l’ Ecuador a Settembre 2008 con un progetto scritto da ASA in partenariato con Xena e finanziato da SVE, e sono tornata in Italia il 23 Marzo, dopo sei mesi.
A muovere la mia scelta sono state innanzitutto una grande curiosità verso il paese (del quale avevo sempre sentito parlare con grande entusiasmo dalle persone che vi erano state) e la voglia di mettermi in gioco in un’esperienza dalla quale sicuramente avrei avuto più da ricevere che da dare. Prima di partire mi erano state dette varie cose, come che le persone ecuatoriane sono molte aperte e accoglienti, che la realtà di ASA-Ecuador è veramente interessante, che l’Ecuador è un paese molto vario e tutto da scoprire. Ascoltando tutto ciò la voglia di partire cresceva, ma solo ora che sono tornata e che ho avuto un po’ di tempo per metabolizzare quanto vissuto riesco davvero a capire quanto quelle parole fossero vere.
Questi sei mesi trascorsi in Casa Spondylus sono stati per me una grande occasione di incontro e di crescita con gli altri. Tra i volontari che andavano e venivano, missionari, bambini e persone con cui ho lavorato fianco a fianco, non saprei proprio dire quanti siano i volti nuovi che ho avuto modo di incontrare. Con alcuni ho creato un legame forte, con altri ho condiviso molto meno ma, davvero, sono tornata con un po’ di ognuno dentro di me.
Fermandomi a pensare all’esperienza vissuta, sono soprattutto due le cose che mi hanno colpita e spinta a riflettere.
La prima è quell’atmosfera accogliente che lì in Ecuador si respira un po’ ovunque, così come in Casa Spondylus. Tra volontari è un continuo rompersi e formarsi di equilibri, con tutto ciò che questo implica. Significa adattarsi ad esigenze nuove, a nuove abitudini, significa confrontarsi con nuovi gusti e nuovi modi di pensare, significa ristrutturare la rete di relazioni che si è instaurata all’interno della casa per lasciar posto ai nuovi arrivi. Nel periodo che io ho trascorso in Casa Spondylus ho avuto modo di convivere con ragazzi italiani, francesi e con una ragazza della Danimarca e, devo dire, è stato veramente stimolante perché, a fianco dell’intercambio con la cultura ecuadoriana, vi era anche un confronto continuo con persone culturalmente un po’ più vicine a me che si stavano anch’esse approcciando al Paese, con le loro insicurezze e le loro paure, con entusiasmo e curiosità. Convivendo si condivide davvero tanto. Si dorme sotto lo stesso tetto, ci si alza insieme e la sera, a cena, oltre ai cibi cucinati tutti insieme, si mettono in tavola i pensieri di ognuno, si condividono episodi successi nell’arco della giornata, si parla un po’ di sè agli altri...e il gruppo così cresce e si rafforza. Fare esperienza di questo per me è stato stupendo.
Così, mettendo da parte l’egoismo e molte delle mie pretese, sono riuscita a creare con qualcuno una relazione proprio bella e profonda (penso a quella con Anita, per esempio, un’ecuatoriana che lavora in ASA e vive in Casa Spondylus per accogliere i volontari: uno dei punti fissi dei miei sei mesi in Ecuador).
La seconda cosa che porto dentro di me è l’aver compreso di essere importante non perché facevo qualcosa ma semplicemente perché ero io, Laura, ed ero lì. Per me è stato molto difficile da capire, così presa com'ero dalla smania del "devo rendermi utile, devo fare qualcosa", non riuscivo ad accettarlo. I primi tempi, la sera, andavo a dormire con i sensi di colpa ripensando alla giornata trascorsa, con la sensazione di non aver concluso nulla. Poi, magari, l’indomani mi si avvicinava qualcuno che mi diceva "Grazie per l’aiuto che ci hai dato ieri, quando tornerai?", o vedevo dei bimbi che di divertivano ripetendo il semplice giochino che avevo insegnato loro il giorno prima... e allora mi sentivo dentro una sensazione di pienezza e capivo che forse allora qualcosa avevo fatto, anche se a me sembrava poco, o di poca importanza.
Questa per me è stata un’esperienza più che positiva, che consiglierei a tutti i giovani che hanno voglia di mettersi in gioco, di sentirsi accolti e di accogliere. A chi vuole utilizzare un po’ del suo tempo per entrare in una realtà nuova, per confrontarsi con essa e da essa lasciarsi provocare.

Laura Di Vittorio

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