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Quando mi è capitato tra le mani quel volantino arancione pubblicizzante il Divagamos -ossia un corso di formazione per conoscere l’Ecuador e, per gli interessati, la possibilità di un viaggio nel paese- non ho avuto dubbi sul da farsi: da molto tempo immagini dell’America Latina si affollavano tra i pensieri lasciando un vago desiderio di partire.
Ho iniziato a partecipare alle lezioni del corso e quel vago desiderio è diventato certezza: volevo andare in Ecuador.
I mesi passano veloci, impegni lavorativi e di studio affollano le giornate e l’attesa della partenza si fa sentire in preparativi, vaccinazioni, voglia di andare, telefonate e adrenalina e... si parte. Qualche ora (in più) di aereo e la realtà che mi si presenta davanti supera l’immaginazione: una città enorme, luci, occhi neri di persone curiose, un paese da scoprire, quelle sensazioni stupende che sono la curiosità, lo stupore e la voglia di vivere al massimo il tempo a disposizione.
Il tempo è passato velocissimo tra lavoro mattutino al Centro infantile Luz de mañana e pomeridiano ai centri estivi organizzati dalla Casa del Joven, dove l’ecologia era la tematica principale. Nel lavoro al centro infantile ho imparato ad inventarmi imbianchina e pittrice e a reinventarmi tuttofare in grado di stuccare e scartavetrare. Insieme ad altri volontari abbiamo dipinto d’azzurro il muro di recinzione della scuola, lavorando come se ad ogni pennellata d’azzurro mi potessi sentire un po’ più vicina e più affezionata al luogo, all’energia delle maestre, alla gioia dei bambini, alla scoperta degli altri volontari. Lavorare chiacchierando. Lavorare cantando. Lavorare giocando. Lavorare nelle piccole cose. Lavorare pensando a un mondo possibile: in Ecuador c’è molto da fare ma soprattutto molto da assaporare e imparare, partendo da quel "buen vivir, pace e intercultura" (principi fondamentali della Carta costituzionale dell’Ecuador).
Nel lavoro, nel confronto con le persone incontrate, nei molti viaggi l’interesse e il coinvolgimento sono rimasti sempre vivi e attenti... forse perché un mese è troppo breve, forse perché l’accoglienza è stata molto calorosa, forse perché l’esperienza ne vale davvero la pena. Cosa resta al ritorno di tutto questo? Una rinnovata consapevole attenzione ai diritti e ai rovesci nel mondo, molte domande su dove stia davvero la felicità, la consapevolezza della bellezza e della responsabilità di essere cittadini del mondo e non solo proprietari del proprio orticello, la voglia di ritornare e soprattutto una stretta al cuore quando si parla dell’Ecuador: perché l’Ecuador non è più soltanto un affascinante paese lontano ma un pezzo della mia storia personale, fatto di storie e volti di persone con cui ho condiviso qualcosa.
Un’opportunità per avanzare un po’ nel proprio percorso di cittadini consapevoli e persone coinvolte.
Anna Adelchi
(articolo tratto parzialmente da "Il Bacchiglione" periodico dell’associazione Maranathà di Cittadella)
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