Don Luigi Vaccari
1971 – dal Seminario Minore, l’adolescente Luigi Vaccari scriveva:
Durante le vacanze mi è capitato di incontrare una persona con un vasto bagaglio culturale e di un’età quasi senile. Parlavo confidenzialmente con lei riguardo la vita del Seminario.
Questa mi rivolse una domanda riguardante la corrispondenza chiedendomi se arrivava e partiva chiusa, o se, al contrario, i superiori la leggevano.
All’udire questa domanda io mi sentii molto umiliato e risposi che la corrispondenza veniva aperta e letta.
Da quella volta cominciai a riflettere su un problema non certo tra i più gravi, ma con il suo peso. Io penso che sarebbe una cosa più giusta che un ragazzo di 15 anni meritasse pienamente fiducia riguardo alla capacità di scrivere una lettera.
Credo che se esprimiamo i nostri sentimenti a qualche persona, lo sappiamo fare se non nel migliore dei modi, almeno in maniera abbastanza buona; ciò che scriviamo, inoltre, non è un segreto intoccabile, ma avremmo piacere che, essendo pensiero personale, fosse un po’ riservato.
Desidereremmo che queste cose venissero prese in considerazione per migliorare e chiarire il metodo usato per la nostra educazione, e per poterlo così comprendere e seguire sempre più volentieri e con maggiore convinzione.
1986 – don Luigi, vicario a San Sebastiano a Thiene,
dalle pagine del bollettino parrocchiale scriveva:
…Perché interrogarsi sui giovani? Primo perché sono molti negli elenchi di catechismo degli anni passati e si vorrebbe sapere dove sono oggi presenti nella vita di comunità.
… Sono giovani provenienti da aree diverse, uniti spesso solo da un luogo di incontro e da orari di ritrovo che diventano quasi un rituale. Appassionati di poche cose, spesso disimpegnati, gelosi della loro libertà ed in rotta con il tradizionale, vivono un tempo in forte accelerazione con tante insicurezze e, a volte, travolti da problemi più grossi di loro. Informati e sicuri di sé, sono anche fragili ed incerti davanti ai semplici problemi quotidiani.
Alleggeriti del passato, ma impoveriti di punti di riferimento, vagano spesso facendo del presente e del precario la loro sicurezza, il più delle volte sentendosi non capiti e faticando a farsi capire.
In difficoltà di fronte alla fede, ma presenti nell’area cristiana in alta percentuale e, una volta convinti, molto autentici in ordine ai valori cristiani.
Forniti di tante – qualcuno dice troppe – cose, mancano di modelli duraturi; anche le famiglie si rivelano qualche volta incapaci di dare loro sostengo ed indicazioni valide o accolte.
Davanti a questo quadro è già molto se una comunità cristiana si interroga su questo mondo giovanile, se fa partire una riflessione che vuole provocare tutti coloro che si sentono coinvolti.
Sarebbe molto meglio se, accanto al Consiglio Pastorale, si collocassero le famiglie, i genitori ed i giovani stessi.
Novembre 1996 - In occasione del Natale, da Carapungo – Ecuador,
don Luigi inviava una riflessione sull’esperienza della casa famiglia da poco avviata in una struttura adiacente alla casa parrocchiale.
…mi è risultato un poco imbarazzante andare dalla direttrice della scuola a chiedere un posto per due bambini e spiegare che vivevano praticamente in parrocchia! Quello che potrebbe essere considerato peggio, è stato dover mettersi in fila una mattina tra mamme dallo sguardo sorpreso e, prendendo per mano Angelo "trascinarlo" con un sorriso convincente a scuola, dove non voleva andare, e giustificarlo con una scusa per il ritardo. Non è stata l’esperienza più emozionante se calcoliamo ciò che è venuto nei giorni seguenti, quando si è trattato di difendere la scrivania dell’ufficio parrocchiale dall’invasione dei marmocchi accompagnati dai loro amici; o quando si sono messi in opera gli argomenti più sopraffini per convincerli a cambiarsi l’uniforme della scuola con il vestito di tutti i giorni, a spegnere la televisione per fare altre cose nelle interminabili ore di uscita scolastica non prevista. Sorprese senza fine sono state quelle per trovare parole adatte a spiegare come attraversare da soli la strada, come tornare senza una turba di nuovi amici tutti i giorni, perché lavarsi le mani ogni giorno, come rinunciare a mangiare alle undici per poter mangiare a pranzo ecc…. Uno è costretto a ripescare strategie della sua infanzia o cose sentite dire da sorelle o cognate per avere un minimo di efficacia. Dopo un primo sforzo ti accorgi che non costa poi tanto fare a ritroso tanti gradini o ricordare cose che si pensavano sepolte nei ricordi più lontani, e soprattutto, capisci che i bambini "sono bambini!" Che non gli importa molto se chi parla è parroco o presidente, che prima di tutto sono curiosi, entusiasti, distratti, generosi e spontanei, superficiali e disordinati e, forse dopo molto tempo capiranno quello che uno aspetta da loro. A partire da questa esperienza ci sono molte cose che ho rafforzato, prima di tutto la riconoscenza per ASA e per questo paese; mi hanno smontato un pò il "ruolo", mi hanno messo in condizione di impotenza di fronte a un bambino che ti costringe a sederti sul marciapiede e ascoltarlo perché non vuole andare a scuola, che non ha spiegazioni convincenti per arrivare un’ora dopo a mangiare, che non sai perché arrivando di sera a casa ti si avvicina e ti chiede di prenderlo in braccio anche se tu non sei nessuno per lui. Mi domando a volte se non sarà anche questo parte di quei concetti grandi di solidarietà che annunciamo, se non sarà anche questo parte di quella
INCARNAZIONE intesa come un "mettersi accanto all’uomo" piccolo o grande, con la sua misura, senza pensare a nient’altro che a lui e aprire il cuore a questa scintilla di eternità che DIO ha voluto far brillare in lui. E con il "mettersi accanto" di un prete viene logico il "mettersi accanto" di una comunità che con il prete si fa carico di quest’uomo, di tanti uomini. Sarà forse questa una delle intuizioni di ASA? Permettere che molti uomini sentano altri uomini vicini e solidali. Per me questo prossimo Natale, nel quale ancora una volta si parla di Gesù Bambino, sta assumendo un significato nuovo e molto intenso; ho l’impressione che anche il Natale come tutta la fede in Gesù, lo si capisce un poco nella misura in cui lo si comincia a mettere in pratica. Buon Natale.
1997 – da una lettera inviata alla famiglia Fanton da poco rientrata dall’esperienza missionaria
Carissimi,
poche righe in fretta prima del rientro del gruppo del viaggio estivo. Il tutto un po’ sconclusionato per la fretta, ma almeno per sentirci vivi.
Novità:
- Visite interessanti in questa estate. Riconfermata la fatica ma anche l’importanza dell’accoglienza.
- Rientri di Sandro e famiglia e padre Francesco: carichi di soppressa, grappa, idee e poi la pazienza di aspettare che si ridimensionino per riprendere il ritmo normale
- Vacanze = zero. Quest’anno come hobby mi sono preso la costruzione della nuova chiesa e casa parrocchiale a Luz y Vida. Conseguenza: mingas oceaniche tutti i sabati e un "mal de ossi"…
- Cimitero: a gonfie vele in attesa di lanciarlo sul mercato come un fiore all’occhiello
- Luz y Vida cammina a più non posso: Plan Internacional ha approvato il finanziamento della scuola già quasi costruita e l’ampliamento ed implementazione di un nuovo centro di salute, il nostro!!!!
- Il gruppo: sempre con i suoi alti e bassi
- ASA: sempre più grande, tentando di essere più precisa … inutile, è la sua caratteristica!!!
- Io: bene, + vecchio, + saggio, + pigro, però sempre sulla cresta dell’onda
Scaduto il tempo massimo, vi abbraccio e vi ricordo
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