Maria Luisa Viola

Notizie dal Brasile

Torna indietro

L’ora delle tenebre e della speranza

Quando ero piccola, alcune volte, rimanevo a casa da sola ad aspettare il ritorno della mamma, che arrivava verso le diciannove, dopo le riunioni a scuola. Soprattutto quando era inverno, il buio mi faceva paura. Le tenebre nelle quali le cose si perdono mi hanno spaventato per molti anni. Ricordo che quando la paura era molta, prendevo il libro di catechismo, quello che all’epoca aveva la copertina verde scuro e leggevo sempre, a voce alta, lo stesso brano: la passione di Gesú. Credo lo facessi perché sentivo che anche Lui di fronte alle tenebre, stava soffrendo. Certo a quel tempo non sapevo che le tenebre, nel linguaggio biblico, rappresentano anche il male.
In questo tempo di quaresima, in cui spesso si ricorda il deserto, sento il bisogno di soffermarmi anche sulle tenebre. Anche qui in Brasile mi è capitato di fare esperienza delle tenebre, intese proprio come male. Ad agosto, una notte, nel quartiere dove abito, hanno cominciato a spararsi tra bande rivali per avere il monopolio sul traffico della droga. Erano circa le due di notte. Il primo colpo mi svegliò ed al secondo pensai ad un fuoco di artificio, che si usa per segnalare l’arrivo della partita di droga - spesso la mente, in situazioni di paura, cerca una via di fuga. Ma il terzo colpo mi tolse ogni dubbio. Dopo di che molti altri spari. Stesa sul letto provavo paura, una paura mai provata prima. La mente era annebbiata, non riuscivo a ragionare, a capire cosa dovevo fare. Sentivo che se mi fossi alzata le gambe non mi avrebbero sorretto. E poi perché alzarsi? Per andare dove? Aspettai in silenzio con il cuore che batteva all’impazzata. Pensai che pochi giorni prima avevo visto alcune persone per la strada: una decina di ragazzi tra i tredici e quindici anni armati fino ai denti, in pose che ricordavano molto quelle dei film, ma loro attori non erano. Nei giorni seguenti le sparatorie sono continuate, sempre di notte, uccidendo molte persone. Molti, nel quartiere, hanno deciso di andarsene, per cercare un luogo più tranquillo. Per giorni anch’io sono stata combattuta sul da farsi. Con Anita, la padrona di casa, ed i suoi familiari, che sono diventati la mia famiglia brasiliana, parlavamo molto circa questa cosa. Ma andare dove? La realtà della Baixada è un po’ dappertutto così. Si rischiava di cadere dalla padella alla brace. E poi, non c’è cosa peggiore che fare qualcosa quando non si sa cosa fare. Decidemmo di restare e ci aiutavamo a vicenda, come potevamo. Per esempio ci telefonavamo per tornare alla sera a casa: fare la strada insieme aiutava ad esorcizzare la paura.
Ma una sera, un martedì, è successo che Anita è tornata a casa nel pomeriggio. Io avevo il corso di italiano che terminava alle ventuno. Allora lei mi ha telefonato, dicendomi di avvisarla quando scendevo dall’autobus, prima di cominciare la salita verso casa. Ho fatto come mi era stato detto ed ho cominciato a salire. C’erano altre persone che stavano tornando a casa. Tutti camminavamo in fretta ed in assoluto silenzio per sentire eventuali rumori sospetti, che ci potessero segnalare il pericolo. Era notte, sentii quelle tenebre come il male che mi avvolgeva e nello stesso tempo come parte di me. Camminavo a tasta bassa. Ad un certo punto, mi sono fermata per riprendere fiato in quel silenzio profondo, irreale così innaturale per il popolo brasiliano. Ho alzato gli occhi ed ho visto Anita che con il marito, a piedi, stavano scendendo per venirmi incontro. Mi è venuta in mente una frase che ho letto non so dove "Il momento in cui la notte è più profonda, è poco prima dell’alba". Ho sentito quel buio sparire, mi sono chiesta chi ero se quelle due persone erano disposte a rischiare la vita per me quando avrebbero potuto aspettarmi al portone di casa. Ho visto le tenebre sparire sotto la luce della speranza e della solidarietà.
Adesso penso a Gesú nel Getsemani, che si consegna al male come estremo dono di amore. Penso a quando aveva detto: "non c’è amore più grande di chi da la propria vita per il prossimo" di chi rischia la propria per camminare a fianco dello straniero. È una lotta, ma Gesú ci dice che è al nostro fianco e che lui, prima di noi, ha sofferto la croce.
Forse non ho ancora capito perché Dio mi ha scardinato dalla mia vita in Italia, non riesco ancora a capire la grandezza di questa esperienza, ma con certezza ne è valsa la pena e con certezza quelle tenebre si sono trasformate nella luce del Risorto.

Luisa Viola, Vilar dos Teles - Marzo 2009

Torna su