Stefano, Marco e Giovanni

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Ecuador ama la vida!

Terra ricca e fertile. Fauna e flora dominano e incantano.
Società umile e in forte sviluppo. Etica e religione ancora coincidono.
Banda e ritmo latino fanno muovere il corpo e vibrare il sangue nelle vene.

Tra le infinite gradazioni di verde e azzurro, anche quest’anno ho trovato il ROSSO: non della terra, del corazón!
La FAMIGLIA ha fatto la differenza: spontaneità e sorriso mi hanno accolto in quella che potrebbe essere la mia seconda casa oltreoceano.

Mamita Laura e papito José con i loro 4 figli e 3 nipoti hanno trovato spazio in casa per un "hijo de alma": mi sono sentito considerato e amato proprio come un figlio. Cercherò di trasmettere ciò che ho vissuto attraverso 3 "H":
Umanamente questa esperienza ci ha messo a contatto con una realtà parallela a quella di casa. Ad arricchire il nostro camminare è stato però il "COMPARTIR": ciascuno di noi si è trovato a vivere una parte del viaggio da solo, in famiglia, ma le risate di confronto e la condivisione delle sensazioni non sono mancate.
È stato come scalare la stessa montagna da sentieri diversi: alla fine ci siamo sempre ritrovati tutti in vetta!
Ahora tenemos también alma ecuatoriana! Que Dios les pague!

Luca Meneghin animatore



Compartir en Ecuador: colori, sapori, culture diverse!

"Compartir", ma che vorrà dire? Assomiglia all’italiano ma significa la medesima cosa? Sì, è un verbo e vuol dire CONDIVIDERE. L’ho sentito spesso nelle nostre visite giornaliere alle varie missioni e realtà, presenti nel Paese. Mi è rimasto impresso per il modo in cui viene realmente applicato! Come si riesce ad aiutare un popolo a mettere da parte i loro risparmi (evitando che vengano sperperati nell’abuso di alcol, grande piaga del Paese) anche con aiuti economici provenienti da banche italiane. A volte le banche sanno fare e agire per un bene comune, diamogliene atto! Questa è la realtà del FEPP (Fondo Ecuatoriano Popolorum Progressio): un progetto dove tutto il sistema della locale cooperazione di credito è fortemente caratterizzato da una profonda impronta valoriale, sostenuta anche dalla presenza dei tanti missionari salesiani (moltissimi italiani) sparsi nei centri rurali più lontani.
Basato su elementi quali reciprocità, partecipazione, scambio di risorse, formazione, il progetto "Microfinanza Campesina" del Credito Cooperativo italiano in Ecuador, costituisce un’iniziativa di successo, riconosciuta a livello internazionale come un nuovo modello di cooperazione per combattere la povertà nei paesi in via di sviluppo. Noi abbiamo conosciuto il fondatore, un laico italiano, Bepi Tonello, che ha deciso di aiutare concretamente e direttamente il popolo ecuadoriano.

Ma questo è solo un assaggio di tutto l’Ecuador che mi è rimasto nel cuore.
Ora passiamo alla parte più affettiva forse, perché ripenso alla bellissima famiglia Morales che mi ha ospitato e che ricorderò sempre con molto affetto e gratitudine; la mia "mamita" Ortensia e le "mie due sorelle" Maria Josè e Daniela. Una famiglia colpita da forti lutti e disgrazie che non ha esitato ad ospitarmi nonostante le loro finanze poco fiorenti. Erano povere ma ricche di fede, e questo è ciò che più mi ha colpito; una fede praticata sempre (ad ogni pasto, alla sera prima di dormire, con la recita del rosario ogni metà del mese) e alla quale mi hanno invitato a partecipare. Così mi son ritrovata alla sera in camera tutte insieme a leggere una pagine dell’Antico Testamento e poi il Vangelo del giorno, con il commento annesso, dato che la mia "mamma" aveva fatto un corso per lettori della Bibbia.
Era una sfida giornaliera il dover pensare a come dire certe cose in spagnolo per comunicare al meglio e il più possibile, ma non serviva sforzarsi così tanto, il linguaggio sincero del cuore si capisce al volo. Abbiamo fatto molte chiacchierate, arrivando ad una certa profondità e anche se non ho capito ogni singola parola io e Ortensia ci siamo intese per bene.
Nel Bario, dove vivevo, lei era una specie di coordinatrice, in realtà nato proprio grazie a lei. I Bario sono una specie di mini quartieri formati da qualche via dove c’è un capitello con la Virgen (la Vergine Maria) o una saletta adibita a celebrare le S. Messe.
Credo di aver vissuto in toto, più o meno, la cultura degli abitanti di Quito, dato che due sere prima della mia partenza ho partecipato anche all’estrema unzione di una vicina di casa della mia "famiglia". Lì quando viene a mancare una persona cara, il dolore viene condiviso tra tutti coloro che la conoscevano che si precipitano direttamente in casa a pregare e sostenere i familiari, e così ho fatto pure io. Si può pensare che sia stata una brutta esperienza da vivere, ma anche questo spaccato di vita credo sia stato davvero significativo per la mia vita.

C’è stato, in questa avventura, anche un momento turistico, accompagnato a visite in realtà missionarie. Bellissimi i tre giorni "fuori casa" dove ci siamo recati in una "piccola" comunità montana (Salinas de Guaranda a 3500 metri) per conoscere le loro attività: la lavorazione della lana di alpaca, la preparazione del cioccolato a partire dalla pianta di cacao, e i formaggi col latte fresco. Tutto naturale e incontaminato!
Ci siamo spostati poi a vedere il Chimborazo, un vulcano di oltre 6000 metri, per arrivare nella stessa giornata nella città di Tena, zona Amazzonia.
Qui siamo stati ospiti del vescovo attuale e dell’emerito, entrambi italiani, che ci hanno raccontato com’è il rapporto con gli indigeni della foresta e con gli abitanti del posto.
Il giorno dopo, prima di rientrare a Quito, ci siamo avventurati in una breve escursione nella foresta amazzonica! In una canoa a prova di ribaltamento muniti di salvagente… simpatico giretto nel Rio Pano.

Cosa ricorderò di questa esperienza? I mille colori di una cultura solare e festosa, i diversi e piacevoli sapori e odori, le diverse abitudini, le 7 ore in meno di fuso orario, l’educazione smisurata dei figli verso i genitori e la fede che in molti praticano (anche tra adolescenti) senza vergognarsi.
Vorrei condividere una particolare sensazione con tutti coloro che leggeranno queste righe. Per quanto possiamo riconoscere certe differenze (lingua, costumi, fisionomia, colore della pelle) abbiamo due gambe, due braccia, un cuore, una testa con pensieri simili… un viaggio come il nostro non è stato un semplice divertimento da ordinario turista, ma un "viaggiare per condividerè" perché certi legami rimangono a vita (anche grazie alla tecnologia) e certe realtà aiutano a prendere spunti sempre più cristiani e riportarli poi nella nostra quotidianità col solo fine di vivere in maniera serena e pacifica con il nostro prossimo. Come già qualcuno ci insegnò 2000 anni fa circa, il problema è che ogni tanto bisognerebbe rinfrescare la memoria e un viaggio di questo tipo aiuta molto!
Perciò, se ne avete la possibilità, viaggiate (non occorre andare troppo lontano) per conoscere il diverso e apprezzarlo, per riceverne stimoli, provocazioni, idee nuove, perché nessuno da solo è perfetto, nessuno può dirsi arrivato, ma è l’insieme delle differenze che rende un quadro colorato e piacevole alla vista e fa bene al cuore.

Un ringraziamento va al centro missionario di Padova (nella persona di Sandra) che ci ha permesso di prepararci, partire e vivere questa forte esperienza.
Grazie a don Saverio e don Giovanni per averci ospitati, accompagnati e sopportati nella Parrocchia di Santa Maria Estrella de la Evangelizaciòn e a Luigina, missionaria laica che vive e lavora con loro.
Un grazie a tutti i miei compagni di viaggio che insieme a me hanno condiviso un qualcosa di bello e forte! Mi auguro che questa esperienza possa portare a ciascuno di noi mille frutti.
Grazie ai tanti parrocchiani (e ai nostri genitori) che con le loro offerte hanno aiutato a risparmiare un po’ e permesso a ciascuno di noi di poter realizzare un’esperienza buona dalla quale ricavare del bene per il futuro.

E per ultimo, un ringraziamento speciale al nostro caro Don Giuliano! Perché in questi otto anni ha sempre pensato a delle esperienze speciali e motivanti al fine di stimolarci grazie ad ogni realtà visitata. Grazie per averci permesso tutto questo, grazie perché se siamo come siamo è anche merito del tuo insegnamento, come un maestro capace che sa trasmettere ai propri alunni il piacere dell’imparare cose nuove e di sapersi sorprendere sempre!
GRAZIE davvero di cuore!
Arianna Greggio



Un viaggio carico di relazioni

In viaggio… in viaggio verso un’altra meta, verso una nuova avventura, un luogo lontano, un popolo nuovo, una cultura diversa dalla nostra, una lingua diversa…

Inizialmente l’idea di stare da sola in una famiglia mi aveva spaventato o quanto meno l’idea mi suscitava un certo timore. Ma alla fine ho scoperto che pur essendo dall’altra parte del mondo mi sono sentita a casa, accolta con calore e affetto dalla famiglia che aveva accettato di ospitarmi per la mia permanenza in Ecuador.

L’Ecuador o quello che ho visto di questo paese dell’America latina è stato bellissimo: paesaggi naturali incontaminati, dai prati verdi in montagna, alla steppa visibile in prossimità delle vette altissime dei vulcani, agli alberi e alla fitta vegetazione della foresta amazzonica…ma quello che, di particolare, mi porto a casa da questa esperienza sono le colazioni e le cene! Sì, mi spiego meglio, quei momenti trascorsi nella "mia" famiglia, mangiando insieme, apprezzando quello che mi offrivano orgogliosi, mostrandoci a vicenda le foto per conoscerci meglio, sedendoci sul divano a chiacchierare… mi sento arricchita da tutte queste piccole cose perché so che hanno fatto di tutto per farmi sentire al meglio, so che mi hanno dato tutto quello che avevano da offrire.


Alla fine il luogo lontano, il popolo nuovo, la cultura e la lingua diversa non erano un problema o un ostacolo ma una ricchezza, un arricchimento per me e per loro: la possibilità di confrontarci, di condividere modi di vivere diversi, di vivere giorno per giorno la loro quotidianità. È stato davvero un entrare in contatto con una piccolissima parte del popolo ecuadoriano, imparando a conoscerli, capirli, apprezzarli e dopo 10 giorni trascorsi insieme a volergli bene.

Alice Rigoni



…"È Dio che guida i nostri passi"…

#Ecuador#Quito#missione#famiglie#viaggiareleggerièunacondizionementale#ultimoviaggiocampogiovani?#abbiamo voglia di partire!!
Nella confusione di tutti questi pensieri davanti a me i giorni prima della partenza c’era solo un’immagine: una valigia, rettangolare, con due scomparti, completamente vuota.
Partire con la sensazione di riempire una valigia non è semplice, è quasi pericoloso perché ho rischiato di tornare a casa delusa o con un bagaglio di domande irrisolte.
Allora ho cercato di portare a casa tutto quello che ho vissuto e provo a condividerlo con voi. Il nostro è stato definito viaggio missionario in Ecuador. Ecco il primo pensiero che ho subito modificato è stato il concetto di missione.
Io credevo di dover "salvare il mondo" in questi giorni, o di pregare tantissimo, o di fare qualsiasi cosa religiosa… in realtà noi in punta di piedi abbiamo provato a inserirci e a conoscere una cultura, un popolo e delle persone molto diverse da noi.
Ecco… questa è stata la nostra missione, una missione di conoscenza, perché ognuno di noi ogni giorno è missionario, con i propri gesti, le proprie parole, in famiglia, al lavoro, in Parrocchia.
I primi missionari che abbiamo incontrato, oltre a Padre Saverio e Padre Giovanni, sono state le famiglie che ci hanno ospitato.
Hanno aperto la porta delle loro case e spalancato i loro cuori, nonostante le differenze alimentari, la lingua, il lavoro che continuava, gli impegni familiari; si prodigavano per nell’ospitalità e noi ci siamo aggiunti in quei giorni ai loro figli, nipoti e ci hanno regalato dei momenti meravigliosi.
Era l’aspetto che preoccupava un po’ tutti noi, anche perché eravamo da soli, ma è stato quello che mi ha regalato i ricordi migliori. La domenica ad esempio è stata quasi interamente trascorsa con loro e io sono andata al parco e a pranzo fuori in quello che si può definire ristorante. Non erano abituati e forse era anche oltre le loro possibilità, ma c’ero io ed era una domenica speciale.
Qualche giorno dopo abbiamo incontrato Padre Polo, a Salinas, che con la sua energia mi ha fatto riflettere su un concetto che qui fatichiamo a mettere in pratica secondo me…"compartir" – condividere. Una serie di comunità che si sono messe insieme, hanno costituito delle cooperative sociali per riuscire a produrre e vendere i loro prodotti come lana, cacao, latte a prezzi competitivi sul mercato e per costituire così ricchezza per "nosotros" – il bene comune.
Ho paragonato questo messaggio a quell’immagine che c’è in Chiesa come tema pastorale di quest’anno… "il bene che c’è tra noi". Perché qui è così difficile da mettere in pratica? Perchè ognuno coltiva il proprio orticello? Ecco quello che ogni anno mi porto a casa nella mia valigia è questo, la voglia di condividere, di raccontare, di essere missionaria ogni giorno nel mio piccolo e con le mie capacità.
Padre Polo raccontando anche le difficoltà di costruire tutto questo ha esclamato ad un certo punto: "È Dio che guida i nostri passi" e questa frase io la giro a tutti voi.
La inoltro al mio gruppo giovani che si prepara ad un nuovo anno, la dedico a Don Giuliano che con la sua umanità ci ha accompagnato in questo nostro cammino di crescita e si prepara a costruirne di nuovi, la dedico ai missionari dell’Ecuador perché abbiano sempre la grinta e la forza di continuare il loro lavoro e la dedico alla nostra comunità perché veramente queste esperienze possano far nascere in ciascuno di noi il desiderio di con-dividere.

Elisa Cavallini



Intensa vita quotidiana

Sono le 15,00 qui in Italia, a Quito sono le 8,00 del mattino solo qualche giorno fa a quest'ora probabilmente mi stavo preparando per uscire ed essere accompagnata in Parrocchia dal mio "papà" adottivo Luise. Quest'anno in Ecuador abbiamo vissuto una insolita ma interessante esperienza… ciascuno di noi è stato accolto in una famiglia ed ha potuto condividerne pienamente la vita quotidiana.
La mia famiglia era composta da mamma, papà e due bambini. L'impatto personalmente è stato forte. La prima notte è passata insonne per colpa un po' del fuso orario e un po' della luce che entrava dalla finestra (visto che all'equatore ci sono 12 ore di luce e 12 ore di buio).
Già dal secondo giorno il mio legame con i genitori ed in particolare con i bambini si è fatto intenso. Le ore che passavamo in famiglia erano soprattutto le ore della sera e della prima mattina perchè poi ci radunavamo tutti per le varie visite alla scoperta dell'Ecuador.
Una visita che mi ha colpito è stata quella di Sanalis de Guaranda dove abbiamo incontrato padre Antonio Polo, un missionario salesiano che da 45 anni è in Ecuador dove ha fondato una cooperativa che all'inizio produceva formaggio per poi ampliare l'attività con la produzione di cioccolato offrendo lavoro agli abitanti della comunità di Salinas e di quelle vicine; la cosa che più mi ha colpito è stata l'espressione dei suoi occhi: trasmettevano Amore verso la sua gente.
Voglio ricordare e ringraziare in particolare padre Saverio, padre Giovanni e Luigina, missionari in Ecuador della diocesi di Padova, che ci hanno accompagnato in questo viaggio.
Ringrazio di cuore "la mia famiglia" ecuadoregna che mi ha ospitato nella sua casa e mi ha fatto sentire davvero come una figlia.
Con l'occasione voglio ringraziare anche don Giuliano che in questi anni ci ha permesso di vivere esperienze diverse tra loro, mai banali e scontate.

Valentina Quaggio