Famiglia Pellichero

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10 dicembre 2006

Spogliamo il Natale
"Spogliò se stesso , assumendo la condizione di servo" (Fil 2,7)

Ci prendiamo la libertà di iniziare dal versetto precedente della lettera di Paolo: "il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini" (Fil 2, 6-7).
La breve preghiera in cappella ci ha suggerito un "azzardo teologico": non considerare un tesoro geloso le nostre ricchezze, le nostre conoscenze, i nostri affetti, i nostri successi professionali, …ma spogliarci di essi… per essere uomini… simili alla maggioranza dei fratelli in questo mondo …e per condividere… per assumere la condizione di servo….
Di che cosa ci costa spogliarci?
Riflettevamo su come per noi è più facile spogliarci dei beni materiali… anche perché più che uno spogliarsi, il trasferimento in Ecuador è stato un alleggerirsi, un lasciare a terra un po’ della zavorra che appesantisce il quotidiano; qui a Carcèlen Bajo continuiamo ad avere il necessario, e anche di più … siamo dei privilegiati e pensiamo sia importante rendercene conto, non per viverlo come senso di colpa verso chi vive nella miseria, ma come responsabilità di un dono ricevuto che va condiviso e ridistribuito.
Ci costa di più la condizione di essere stranieri e l’esserci spogliati di alcune sicurezze: la lingua (qui ti senti inadeguato, a volte pure imbranato…), la regressione dell’autonomia di Samuele e Gianluca che ci stanno sempre addosso (finché non si sentiranno sicuri nel nuovo habitat), la cultura e le abitudini del luogo (da conoscere giorno dopo giorno), gli spostamenti (dipendere dagli altri per l’auto e perché non conosciamo tanti luoghi fuori dalla nostra parrocchia).
E ci costa la lontananza dagli affetti, lavoro compreso … non è un caso che in questo primo periodo siamo spesso davanti al computer, a controllare posta, a chiacchierare con skype e messenger.
"Spogliò se stesso" …forse è qualcosa di simile che ci viene chiesto nel nostro progetto "missionario" in cui è previsto "un congruo tempo di ascolto e conoscenza della realtà – periodo non inferiore a tre mesi –" un tempo di vuoto in cui tentare di vedere come Dio ci vede in questa esperienza, invece di iniziare subito un progetto basato sulle nostre certezze.
Ci rendiamo conto che questa Parola ci aiuta ad essere vigili …perché la nostra debolezza umana oppone forte resistenza allo spogliarsi, e allo stesso tempo, man mano che ci sentiremo sicuri in "terra straniera" ci verrà naturale rivestirci… e allora, se questo è un limite umano con cui convivere, cercheremo perlomeno di vestire leggero e di lasciarci rinfrescare dal vento dello Spirito.
Anche perché pensiamo che questo spogliare un po’ noi stessi, sia presupposto fondamentale per centrare l’obiettivo di spogliare il Natale.
Un Natale che ha bisogno di essere spogliato perché anche la vita quotidiana possa essere spogliata del superfluo.
In questi giorni abbiamo potuto vedere anche qui in Ecuador l’invasione di addobbi natalizi made in China, che non ha niente di locale, di caratteristico, e ti dà invece un’idea dell’omologazione occidentale/consumistica che vedi poi nella vita di tutti i giorni (ad esempio nelle automobili, nel modo di vestire, negli acquisti di prodotti di bellezza, …) il tutto a costi che la gente comune in realtà non si può permettere; e questo è sicuramente uno dei motivi che porta a drammi familiari come l’alcolismo e la violenza, le famiglie disgregate per l’emigrazione dei genitori, …
Per questo sentiamo l’esigenza che oggi il Natale possa essere spogliato anche del vecchio, del tradizionale con il suo alone romantico, quasi fiabesco … il bambino biondo, il bue, l’asinello … che alla fine rischia di rimanere estraneo alla nostra vita, di non essere qualcosa che riguarda noi, oggi e qui. Lo sperimentiamo a Carcèlen Bajo, dove si ragionava di fare un presepe più attuale, con materiale che ricostruisse il paesaggio locale dove Gesù oggi nasce; ma è difficile, la gente è legata al presepe tradizionale con il muschio (che qui costa ‘na cifra!) e i personaggi che di ecuadoriano hanno ben poco… e così quest’anno come mediazione metteremo il quartiere come sfondo del presepe tradizionale e ogni gruppo attivo in parrocchia porterà un simbolo di "che cosa significa per noi Natale".
S. Paolo scrive questa lettera dal carcere, dove rischia la morte per la sua fede cristiana, alla comunità di Filippi, a cui era particolarmente affezionato.
Pensiamo che veramente oggi sia rivolta a noi: il nostro mondo vive un momento storico delicato, imprigionato dal pensiero unico che ci dice che bisogna consumare di più, per produrre di più, perché ci sia più lavoro per tutti…
La realtà ci dimostra che non è così, le disuguaglianze aumentano e il pianeta sta colassando.
Il Natale di Gesù ci dimostra che le grandi cose nascono dall’umiltà, dal cercare accoglienza e dar saper accogliere.
Buon Natale amici… un Natale spogliato e rivestito di nuovo.
Con affetto Angela e Nicola con Samuele e Gianluca

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