Gloria Maino

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La mia esperienza come volontaria di A.S.A. è partita con il piede sbagliato.
Atterrata a Quito non sapevo adattarmi, né come luoghi né tantomeno alla lingua; sono sempre stata una ragazza con la parlantina facile e trovarmi limitata nel capire e farmi capire mi isolava. Fortunatamente a casa Spondylus ho convissuto con persone con cui, dopo esserci conosciuti meglio, ho instaurato un bel rapporto, consolidatosi poi grazie alle numerose vacanze trascorse insieme grazie alle festività presenti nel periodo dell'anno in cui eravamo (festa di Quito, Natale, Capodanno...). Eravamo in 5 volontari: Marco, l'unico ragazzo, lavorava la mattina nel centro per persone con disabilità a Carcelén Bajo e nel pomeriggio al Cae (Centro de Apoyo Escolar – Doposcuola). Fanny, la volontaria più giovane, lavorava come insegnante d'inglese la mattina, e nel Cae al pomeriggio. Poi c’erano le tirocinanti, Giada ed Arianna (italiane), che lavoravano in un centro infantile la mattina e nel pomeriggio al Cae assieme a Fanny. Io invece lavoravo come aiuto-educatrice in una delle case famiglia di A.S.A. presente nel barrio Corazón de Jesús.
Il mio lavoro era quindi di seguire ed aiutare dei ragazzi di un'età che va dai 4 ai 17 anni nelle varie attività della giornata, che può consistere in un gioco, far da mangiare, aiutare nel compiti, smorzare i litigi e spiegare cos'è giusto e cos'è sbagliato, ovviamente assecondando le altre 3 educatrici stabili nella casa. Inizialmente ho avuto parecchie difficoltà a comunicare sia con i ragazzi che con le educatrici, quel che mi ricordavo dello spagnolo insegnatomi a scuola era gran poco, quindi dovetti fin da subito sforzarmi a capire i discorsi, ad obbligarmi a parlare anche facendo terribili gaffes pensando di dire le parole giuste! (una volta per dire che ero imbarazzata dai discorsi ho fatto ridere tutte e 3 le educatrici, che successivamente mi dissero che "embarazada" per loro vuol dire incinta!). Il rapporto con i ragazzi che seguivo poi si sono intensificati, stando così tanto tempo dentro la casa vedevo come la mia presenza potesse fare la differenza.
Verso metà gennaio i ragazzi hanno avuto le vacanze di fine trimestre, quindi per 2 settimane stavano a casa. Per chi già avesse visto la casa famiglia di Corazón de Jesús, è posizionata su una strada dove passano molte auto e a volte anche dei delinquenti; i ragazzi non possono uscire in strada a giocare, dato il pericolo. Non hanno neppure un pezzo di giardino dove poter sfogare le energie, quindi mi presi la briga in quelle settimane di prendere tutti i ragazzi della casa e portarli a Carcelén Alto, dove proprio l'anno scorso è stato costruito un nuovo centro sicuro per tutti dove c'è un bellissimo parco e hanno messo a disposizione dei computer, sale per il gioco ed una biblioteca pubblica. Così, ogni mattina, dalle 9 alle 12.30 circa ci recavamo al parco, poi chi voleva poteva giocare al computer, o leggersi dei libri in biblioteca, o sfruttare la sala dei giochi o se preferiva giocare nel parco. La gioia più immensa è stato vedere dopo pochi giorni l'entusiasmo dei bambini nel vedermi alle 9 di mattina, mi aspettavano già sull'uscio della porta per poter partire subito.
Successivamente a queste 2 settimane, parlando con il CDC di Carcelén, ho iscritto tre ragazzi al corso di calcio pomeridiano, due ragazze al corso di capoeira ed una ragazza al corso di cucina.
La difficoltà iniziale che ho avuto è stata tanta quanta la difficoltà a lasciare tutto e ritornare in Italia. I legami che si creano con le colleghe e soprattutto con i ragazzi sono forti. Io ho lasciato un pezzo di cuore quando me ne sono andata, come esperienza è stata differente da tutte le altre che ho vissuto prima di questa.