Marco Faggian

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Perché sono andato in Ecuador? Per svariati motivi, la voglia di viaggiare, conoscere persone e posti nuovi, vedere una realtà diversa, mettermi in gioco, ma soprattutto svegliarmi ogni giorno sapendo che avrei fatto una delle cose che mi rende più felice... volontariato. Dopo otto anni di servizio sapere di poter vivere facendo ciò che ami è semplicemente stupendo, e più il giorno della partenza si avvicinava, più la voglia di caricarsi sulle spalle quell'enorme zaino aumentava.
Non dimenticherò mai il viaggio nella notte dall'aeroporto a casa Spondylus. Appena entrato nel taxi mi sono fiondato a fianco di Anita tra incroci, fiumi di persone e viuzze piccolissime, guardando affascinato i giocolieri ai semafori, le nubi di vapore che si alzano dalle "cucine" lungo i marciapiedi ed i bus coloratissimi e diversissimi. Non vedevo l'ora di far parte di quel mondo.

Le mattine prestavo servizio al centro infantile diurno per bambini con discapacità fisiche CICA, ed è qui che ho conosciuto Julia, la responsabile del centro, una signora che fin da subito mi ha accolto come un figlio. Gran parte di quello che ho imparato sull'Ecuador lo devo a lei, con la sua straordinaria semplicità, le infinite chiaccherate e gli immancabili pranzi tipici è riuscita a farmi conoscere il loro stile di vita, la loro storia e viaggiare dal mercato di Otavalo a Nord alle terre del caffè nel Sud.
I pomeriggi invece li trascorrevo al CAE dove terminato di giocare a calcio, o meglio prendermi calci sugli stinchi da una ventina di bambini cercavo di insegnare loro la matematica. In fin dei conti appena arrivato non sapendo minimamente lo spagnolo, alla domanda "cosa sai fare?" ho potuto rispondere solo "matematica". Risposta migliore non avrei potuto dare. Adoravo star con loro, cercare di aiutarli ogni giorno in modo diverso con le addizioni, le sottrazioni, le moltiplicazioni e le temutissime divisioni.
Un giorno tornando a casa ho allungato il tragitto esplorando le viuzze di Carcelen Bajo, me ne sono innamorato. Da quel giorno quando potevo andavo a scoprirne altre. Mattina, pomeriggio o sera era stupendo vedere come in base all'ora del giorno la vita del quartiere cambiasse completamente. Adoravo quel momento. Dopo una giornata ricca di emozioni era indispensabile stare un po' da solo a pensare e fissare quei ricordi nella mente.
Vivevo con altri volontari, o meglio volontarie. In quei due mesi la "formazione" è cambiata spesso, ma il risultato è sempre stato lo stesso: zaino in spalla e via a viaggiare per tutto l'Ecuador per scoprirne ogni angolo.

Scrivendo queste poche righe mi stanno venendo in mente tutti i volti delle persone che ho conosciuto... Julia, Fanny, Pac, Fra, Anita, Nancy, Gloria, Arianna, Giada, Sheila, Maria, Teresa, Mariela, Jessica, Patricia, Yulliza, Esteban, Jeovanny e tantissime altre... e mi ritrovo inevitabilmente con un grandissimo sorriso stampato in volto. Chi più e chi meno hanno tutte contribuito a questo sorriso e di questo gliene ne sarà sempre grato.

A presto Ecuador.

Marco