Enrico Baldo

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Giovedì 14 aprile 2011

Che settimana ragazzi! Penso di non avere mai fatto così tanta strada come la settimana scorsa. Devo aver percorso più di 2400km. Ma cominciamo dal principio.
Due week-end fa Gino, l'unico tra gli amici di Lorenza che rimasto ancora qui, mi chiede se ho voglia di fare un giro con lui la settimana seguente: gli mancano una decina di giorni prima di tornare a casa, vuole girare il più possibile il paese ed è sempre meglio viaggiare in compagnia che da soli. Era già in programma per il fine settimana successivo un giro con Lorenza alla costa a nord, per cui questo ulteriore viaggio mi avrebbe occupato la settimana intera. Un po' titubante, per il fatto che avrei dovuto saltare un'intera settimana di lavoro, ma con la benedizione di Anita (Santa subito!), accetto.
Partiamo lunedì notte dopo cena (a base di gnocchi, la mia avventura culinaria continua) perché è previsto un viaggio di 12 ore. Mezzo di trasporto: bus.
Dovete sapere due cose su questo mezzo di trasporto pubblico, l'unico ampiamente diffuso in Ecuador: gli autisti guidano come dei disgraziati e qui non ci sono le nostre classiche autostrade, visto che il territorio è completamente montuoso, perciò le strade, spesso a sole due corsie (una per senso di marcia), sono tortuose e... vissute. Ma torniamo a noi.
La notte passa tranquilla, al mattino presto arriviamo a El Tambo, a due ore da Cuenca, città del sud (di cui parleremo più avanti). Ci fermiamo qui perché a un ora di bus c'è Ingapirca dove si trovano le rovine Inca meglio conservate dell'Ecuador. È stato fantastico poter passeggiare per questo antico villaggio dove i lama sono liberi di pascolare, grazie anche alla bellissima mattinata che abbiamo trovato. In particolare è interessante vedere come gli edifici furono edificati sovrapponendo semplicemente i blocchi di pietra senza nessun collante o malta, perfettamente tagliati e incastrati.
La tappa successiva è stata Cuenca, la città con il centro storico di epoca coloniale meglio conservato e per questo dichiarato Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO. Qui ci siamo fermati il resto della giornata e metà del giorno seguente, abbiamo visitato le numerose chiese, i palazzi storici, il mercato, i parchi. È una città molto piacevole, bella da visitare dal punto di vista artistico e culturale, anche di notte perché ben illuminata. Riusciamo anche a visitare una fabbrica di sombreros de paja toquilla, i cosiddetti cappelli Panamà, erroneamente chiamati così perché in realtà sono un prodotto tipico dell'Ecuador e in particolare venduti qui a Cuenca.
Il passo successivo è il più difficile: decidere quale sarà la prossima meta. Difficile perché scopro che lo scopo segreto del Gino è quello di andare in Perù: era riuscito come me ad andare in Colombia in occasione di una visita a Tulcan e ora sperava di riuscire anche a varcare il confine a sud. Nonostante non sarebbe dispiaciuto nemmeno a me l'idea, andare in Perù voleva dire passare i successivi due giorni (il ritorno era previsto per venerdì) in bus, e questo invece non mi entusiasmava, oltre al fatto che non sapevamo cosa avremmo trovato in Perù (per l'Ecuador avevamo dietro la fantastica guida Lonely Planet).
Il nostro viaggio alla fine continua verso Loja, che comunque è più a sud, dove prendiamo un altro bus per un villaggetto chiamato Vilcabamba, ancora più a sud, veramente molto piccolo (4 vie in croce e una pizza con chiesa) famoso però per il fatto che i suoi abitanti siano dotati di particolare longevità e perciò meta di numerosi turisti. Qui ci fermiamo a dormire.
Il giorno seguente, dopo aver visitato un bel parco naturalistico lì vicino (e dopo aver respinto l'ennesimo tentativo del Gino di raggiungere il confine), torniamo a Loja, città ecuatoriana famosa in particolare per la sua devozione alla Virgen de "El Cisne", una delle immagini di Maria più amate dal popolo ecuatoriano e non solo. Il centro, anche questo di epoca coloniale, non è molto grande e per le 14 finiamo di visitarlo. Decidiamo che per ritornare a Quito viaggeremo di nuovo di notte visto che sono previste 15 ore di viaggio, ma sorge spontanea un'altra domanda: che si fa fino a sera? Io propongo un parco a nord della città, Gino (a cui purtroppo sembra piaccia molto viaggiare in bus) invece preferisce fare un salto a Zamora, un paesetto a un'ora e mezza da Loja, dove a quanto pare c'è l'orologio più grande al mondo. Io di fare altre tre ore di bus per vedere un orologio non ne ho molta voglia, ma l'accontento. Partiamo quindi alle 15, arriviamo e scopriamo però che probabilmente il bus successivo per tornare non ci farebbe arrivare al Terminal di Loja in tempo per prendere il bus per Quito. Ma ormai siamo lì, un po' preoccupati facciamo un giro per il paese (grande quasi come Vilcabamba), vediamo il "fantastico" orologio e poi torniamo alla stazione dei bus. Qui fortunatamente troviamo un bus che passa per Loja. Lo prendiamo, ma abbiamo un altro inconveniente: lungo la strada troviamo una frana (le montagne sono molto terrose e facilmente erodibili perciò succede spesso che la pioggia faccia crollare pezzi di parete sulle strade costruite a ridosso)! Aspettiamo in colonna un’ora per poi sentirci dire che il bus non può passare. Sono le 19, il sole ormai è calato, ha cominciato a piovere, il bus è bloccato lì e probabilmente farà una certa difficoltà anche solo a girarsi per tornare indietro visto il traffico e la dimensione della strada. Mi viene male e ho una gran voglia di picchiare Gino.
Scendiamo dal bus e ci guardiamo in giro: a quanto pare riescono a passare solo i 4x4. Subito proviamo a chiedere un passaggio. Un signore gentilmente ci lascia salire sul cassone della sua auto (qui praticamente quasi tutte le auto sono pick-up). Con difficoltà superiamo la frana e ci attendono 15km di strada su un cassone al buio, freddo, pioggia e nebbia, naturalmente con la tipica guida spericolata stile ecuatoriano. Arriviamo al terminal alle 20 completamente zuppi, congelati e indolenziti... ma in orario per mangiare un panino e montare sull'ennesimo bus diretto a Quito, dove arriviamo la mattina seguente, stanchi ma contenti del viaggio.
Il sabato mattina invece partiamo per la costa, ad Atacames, vicino ad Esmeraldas. Questa una delle due comunità dell'Ecuador caratterizzate da una forte componente afro. Qui siamo ospitati da don Daniele, sacerdote padovano che è missionario qui da circa 30 anni e che segue 45 comunità sparse nei dintorni. In sua compagnia passiamo due belle giornate: visitiamo un po' la zona costiera, facciamo il bagno nell'Oceano Pacifico, gustiamo alcune specialità della costa, come arroz y camarones (riso e gamberetti), pesce fritto e i favolosi batidos alla frutta. Che bontà!
La domenica dopo pranzo ripartiamo con destinazione El Carmen, altra cittadina costiera, molto giovane, che sorge in una zona particolarmente fertile, ricca di piantagioni di frutta. Siamo qui per salutare una suora missionaria compaesana di Lorenza che presta servizio da un paio di anni in questa città. Sono molto accoglienti e anche questa è un'occasione per conoscere un po' di più la realtà sociale delle zone costiere. Siamo tornati il giorno successivo.
Sono stati sette giorni intensi, ricchi di emozioni, incontri, imprevisti che mi rimarranno a lungo nel cuore.
Ora sono tornato alla vita "normale": il Gino è tornato in Italia e io sono tornato a "trabajar duro" nel CAE e CDI di Luz y Vida. Devo ammettere che mi sono mancati i miei bimbi in questi giorni. Fra qualche ora comincerò anche a cercare materiale per la tesi grazie alla gentile collaborazione di don Mauro.
L'ultima novità degna di nota è il fatto che oggi la famiglia che in occasione del mio primo viaggio in Ecuador mi ha ospitato in casa per una settimana, mi ha chiesto di fare da padrino alla figlia che dovrà essere battezzata tra qualche settimana. La cosa mi ha onorato un sacco però sono dell'idea che, dato che la mia permanenza qui è limitata a poco più di un mese, non sono la persona più adatta a questo ruolo, non potendo stare vicino alla famiglia e soprattutto alla bambina, anche se la cosa mi piacerebbe molto. Io ho provato a spiegarlo ai genitori, ma non sono convinto abbiano capito. Spero di riuscire a trovare il modo e le parole giuste in occasione della Festa delle Palme, quando dovrò dar loro una risposta definitiva.
Direi che anche per oggi può bastare...
Ci tenevo solo a ringraziare di cuore le persone che in questo periodo hanno risposto alle mie mail e chiedo scusa se non sono riuscito a rispondere a tutte: mi piacerebbe di più poter scrivere mail molto più personali, ma il tempo non sempre me lo permette e mi devo accontentare. Ringrazio comunque anche chi non ha risposto perché so che, anche solo leggendo, mi dedicano del tempo. Per me questo resta comunque un'occasione importante di rielaborazione di ciò che vivo e di condivisione di ciò che faccio e per questo vi ringrazio.
Con questo vi saluto e vi auguro una buona Settimana Santa, un abrazo, hasta pronto.
Enrico

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