Enrico Baldo

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Ciao a tutti, finalmente trovo un po' di tempo per scrivere. È passata solo una settimana ma sono riuscito a fare un sacco di cose.
Sono ospitato a Carcelen Bajo, un quartiere di periferia a nord di Quito, in casa Spondylus (dal nome di una conchiglia che veniva utilizzata come moneta di scambio dalle popolazioni precolombiane) una casa che ospita volontari in un progetto di scambio interculturale. Per ora siamo in quattro: io, Anita, la padrona di casa, Sandra, una ragazza svizzera, e Gigi, il presidente dell'associazione Maranathà di Cittadella.
Diciamo che ringrazio di essere già stato precedentemente a Quito per diversi motivi.
Il primo è che appena arrivato si sono dimenticati di venirmi a prendere all'aeroporto, per fortuna che avevo il numero dei missionari di qua e sono riuscito in qualche modo a farmi recuperare.
Il secondo è che già dal secondo giorno ho cominciato a girare da solo per arrivare al centro in cui lavoro. Sì perché non lavoro vicino a dove sono ospitato ma a Luz y Vida, sempre nella periferia di Quito, ma dal lato opposto della quebrada all'interno della quale si sviluppa la città, perciò io vedo in lontananza dalla finestra di camera mia l'edificio dove devo andare, ma mi ci vuole 1 ora (traffico permettendo) e due bus per arrivarci.
Praticamente lavoro da una settimana in due centri che utilizzano la stessa struttura: la mattina sono in un CDI, Centro de Desarrollo Infantil (centro di sviluppo infantile), praticamente una scuola materna, che ospita bambini dagli 0 ai 5 anni, e io finora ho seguito i più grandi (4-5 anni). Nel pomeriggio invece lavoro in un CAE, Centro de Apoyo Escolar (centro di appoggio scolastico), un doposcuola, dove aiuto i bambini a fare i compiti per casa. Tutto questo dalle 9 alle 17, naturalmente mangio con loro (non vi dico i menù che ci sono qua), e gioco con loro.
Mi ha stupito il fatto che, nonostante la giornata sia piena, la cosa non mi pesa più di tanto, anzi, mi hanno consigliato di concentrarmi su uno solo dei due servizi, che poi diventerà oggetto della mia tesi (penso sarà il CAE), anche per avere un po' di tempo per me, ma penso che finché potrò continuerò ad andare tutto il giorno.
Tanti mi avevano descritto come i bambini, fin dai primi giorni, appena ti vedono ti saltino addosso. Io pensavo fosse un'esagerazione, in realtà è proprio così: ti corrono incontro, vogliono che li prendi in braccio, si azzuffano per tenerti la mano, ti tempestano di domande: come ti chiami, di dove sei, quanti anni hai, perché hai la barba (qua gli adulti, in particolare i discendenti degli indios, non hanno barba), come si chiama tua mamma, tuo papà, hai fratelli, quanti figli hai, ecc...
Mi hanno fatto sentire subito a casa mia e sono i miei prof perché con loro imparo meglio la lingua (per ora, più che capirle, deduco quello che mi si dice, ma sto migliorando). Sono fantastici ed è per questo che faccio fatica a decidere di stare solo con un gruppo. Con le educatrici è già più difficile legare, ma penso che da un lato sia il fatto che sono straniero e dall'altro che sono maschio. Con una in particolare però sono riuscito a legare: è l'educatrice che segue il gruppo che mi hanno affidato alla mattina. Chiacchierando ho scoperto che ha la mia età, con l'unica differenza che si è sposata a 15 anni e che ha ormai due figli. È incredibile come la famiglia sia vissuta in modo così diverso qui e da noi, con i suoi aspetti positivi e negativi da entrambi le parti.
Ora sono in vacanza, qui si festeggia il carnevale e si è in ferie il lunedì e il martedì prima della quaresima. Qui però festeggiano in modo particolare: intanto alcuni cominciano a "jugar el carnival" a partire da dopo Natale, per cui quest'anno lo jugaron mucho visto che la quaresima parte domani, e poi questo jugar consiste soprattutto nel tirare bombe d'acqua e spruzzare carioca (schiuma di carnevale), ma anche gettare fango, erba e qualsiasi cosa sia a portata di mano e che possa sporcare, addosso alla gente che passa. Praticamente è in corso un'enorme gavettonata in tutto il paese (e quando dico paese intendo Ecuador), che coinvolge tutti, grandi e piccoli (e poi ci lamentiamo dell'acqua sprecata ai GrEst).
Anche a me hanno lanciato qualche gavettone mentre giravo ma non mi hanno mai beccato per fortuna, in compenso ieri, andando a vedere delle cascate qui vicino, stavamo facendo un tratto di percorso sul cassone di un'auto e tutti quelli che passavano dalla parte opposta ci hanno lanciato schiuma. Risultato: sembravo un pupazzo di neve multicolor, visto che hanno pure schiuma di vari colori.
Negli ultimi tre giorni grazie alle vacanze ho avuto la fortuna di poter girare un po': sabato e domenica sono stato a Tulcàn, una piccola città a nord dell'Ecuador, ai confini con la Colombia. In compagnia di Gigi siamo stati ospitati da don Giuseppe, missionario padovano rettore del seminario di Tulcàn, che ci ha portati a visitare la città e ci ha spiegato la situazione: è una città abbastanza tranquilla e a misura d'uomo, ma essendo città di confine, e per di più con la Colombia, risente di problemi come il traffico illegale di gas e benzina (in Ecuador costano di meno perciò spesso vengono rivenduti al di là della frontiera a più del doppio), armi e droga. Qui abbiamo avuto la possibilità di visitare il carcere di Tulcàn, dove don Giuseppe dice messa la domenica, e di fare anche un giretto in Colombia al Santuario di Las Lajas.
Ieri sono invece stato a Mindo a vedere delle cascate molto belle all'interno di un parco naturale, meta turistica e, in occasione di queste feste, anche in un certo senso balneare per la gente del posto. La natura qua è fantastica e affascinante per la sua varietà e rigogliosità.
Bene, direi che come primo assaggio può andare, no? Torno a godermi il mio ultimo giorno di carnevale, auguro a tutti un buon inizio di quaresima.
Hasta luego, un abrazo...
Enrico

Carcelen Bajo, 09 marzo 2011

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