Don Attilio De Battisti

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Thailandia 10 dicembre 2008

Amici carissimi,
sono a Bangkok ormai da quasi due mesi e mi sembra un anno. In questi due mesi sono avvenute molte cose che non solo mi aiutano ad entrare nella cultura e nelle abitudini locali ma anche mi provocano riflessioni e curiosità. Tento di condividere qualcosa con voi, cosciente che il mio dovere in missione include il coinvolgervi nell’esperienza della fede. Qualche notizia è sicuramente rimbalzata nella cronaca italiana, normalmente interessata alle vicende dei propri connazionali (chi parla più di Darfur, Congo, Birmania...?). Su quanto successo tranquillizzo tutti: io sto bene e la gente non è in pericolo. Solamente ci saranno ripercussioni sull’industria turistica e commerciale,abbastanza florida, ma allo stesso tempo strettamente vincolata alla generale fluttuazione economica del pianeta. Per il resto, l’agricoltura, la pesca e la manifattura continueranno a essere sfruttate dai paesi cosiddetti avanzati.
Fin dal mio arrivo e sistemazione nella parrocchia "Holy Rosary Church", quartiere cinese del centro di Bangkok, i 2 sacerdoti thailandesi e la gente mi hanno accolto con grande affetto e tuttora mi aiutano a fare esercizio di quelle poche espressioni che finora riesco a pronunciare con senso. Mi invitano ovunque fanno qualche attività (che comunque non sono molte), mi portano frutta ogni sera e, secondo l’usanza locale, mi trattano con un rispetto che quasi mi confonde.
Con loro ho partecipato ultimamente a due pellegrinaggi. Ho visitato il santuario del Beato don Nicolas Bunkerd Kitbamrung, appena fuori Bangkok, e il santuario dei sette martiri thailandesi al confine con il Laos a circa dieci ore di bus. In pochi giorni ho così pregato e celebrato sui pilastri di questa piccolissima comunità cattolica della Thailandia (ricordo che i cattolici sono circa lo 0,5% della popolazione prevalentemente buddista). Nel fare queste esperienze ho voluto leggere le loro storie e le loro vicende svoltesi entrambe all’inizio della seconda guerra mondiale. Don Nicolas è morto in carcere dopo privazioni e maltrattamenti mai dichiarati; le sette vittime del nord-est erano un gruppetto di cristiani (due suore, un catechista e 4 parrocchiani) che sono stati fucilati per aver rifiutato di abiurare la fede cristiana. Due di loro avevano 15 anni appena.

Riflessioni.
La spiritualità della gente, anche non cristiana, è impregnata di un rispetto per Dio che incanta. Ogni monaco buddista, non importa il suo passato o la sua cultura, nel momento che abbraccia la vita monacale (per il tempo che desidera) diventa automaticamente vincolo con il sacro, presenza del divino. Il monaco gode di ogni privilegio: viaggia gratis, riceve il cibo dalla gente, in autobus ci si alza per cedergli il posto, si riverisce, le donne non possono assolutamente toccarlo. In qualche modo anche quelli che diventano cristiani si portano appresso questo stile di venerazione verso i sacerdoti. Non godo assolutamente della cosa, che al contrario mi imbarazza in più di una situazione. Tento comunque di capire e accogliere il segreto di questo atteggiamento da noi ridimensionato fortemente quando non smarrito. Con la consacrazione sacerdotale effettivamente il Signore prende possesso di una persona imperfetta e la rende veicolo di grazia. Basti pensare al celebrare la messa o al confessare: non è incredibile quello che crediamo? Un essere umano fa le cose di Dio. Questa gente mi fa recuperare la mia dignità presbiterale. Ci aiuterebbe pure a ri-apprezzare la nostra identità. Con il battesimo tutti siamo diventati vicini a Dio, messaggeri suoi, immagini sue in questa terra.
Ancora. La chiesa, come in ogni tempo si fonda sul sangue di gente convinta e audace. La fede cristiana della Thailandia sarà sorretta dalla vita di queste 8 persone che, assieme a tante altre sconosciute, testimoniano, vivono e insegnano ad amare Dio sopra tutte le cose e le avversità. (Liturgicamente la festa dei 7 martiri si celebra il 16 dicembre). Se a quindici anni uno è disposto a farsi fucilare per potersi dire cristiano vuol dire che la forza del Signore è davvero grande. La prossimità del Natale mi rilancia la convinzione che è nella debolezza che si è grandi. Se siamo fedeli a Dio e al suo vangelo siamo "eternamente giovani". Quanto si potrebbe dire a riguardo a chiese o a comunità tentate di fare leva sulla forza numerica, sull’affidabilità economica, sull’orgoglio della storia, sul possesso di mezzi, strutture e persone. Gesù non è nato in chiesa. Il Natale non è una rivendicazione di potenza umana. Il Salvatore non è venuto per difendere una società. Vivere da martiri vuol dire saper sparire nella certezza che questa è la strada dell’incarnazione. Fare Natale significa affidarsi alla grazia e non temere le contraddizioni o i "nemici".

Oltre a questi pellegrinaggi ho vissuto alcune tappe della vita civile del popolo thailandese: la cremazione della defunta sorella del Re, solennemente accompagnata dall’affetto sincero e moltitudinario della gente. La celebrazione della festa del Loi Khratong, ringraziamento all’acqua per il dono della fertilità (la Thailandia vive grazie al riso omnipresente. Con il riso si fa tutto, dalle ceste, ai dolci, dal cibo alle bevande). La festa del papà, o meglio la festa del Re nel giorno del suo 81º compleanno.

Voi avete saputo della battaglia politica per una maggiore equità nella politica, un distacco della politica dalla finanza (i tre primi ministri deposti negli ultimi due anni sono stati condannati per corruzione e frode). Il mezzo scelto per la rivendicazione ha causato un certo disagio e le parti non sono così pure di intenzioni ma questo ha avvicinato i thailandesi al dibattito sul "bene comune", rompendo la consueta apatia. Non so se le soluzioni saranno a portata di mano e paci?che. Al momento solo affido alla vostra preghiera anche questi 64 milioni di fratelli. A tutti voi e agli amici che collaborano in qualsiasi maniera all’opera missionaria, un grande saluto e ringraziamento. Buon Natale.

don Attilio De Battisti