Angela Brotto

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Difficile perché profondamente vera

7 fusi orari, 2 voli e 1 oceano dividono Ecuador e Italia. Lingua e cultura differenti distinguono l’uno dall’altra. Volti diversi e paesaggi distinti caratterizzano realtà distanti. Ma no, nulla di tutto questo mi ha fatto sentire sola, diversa, troppo lontana da casa. Nulla di tutto questo mi ha impedito di comprendere cosa stessi affrontando, di aprire gli occhi dinnanzi ad un mondo nuovo e, soprattutto, di spalancare l’anima di fronte a persone che mi hanno toccato il cuore.
Per un mese, quest’estate, sono diventata compagna di Anita, figlia di tre educatrici e sorella maggiore di 7 tra bambini e ragazzi; per un mese ho preso 4 autobus al giorno per recarmi alla Casa Famiglia di Carapungo per condividere le giornate con chi mi ha insegnato a parlare spagnolo, ballare la salsa, giocare con poco ed abbracciare con tutta me stessa.
Sarebbe facile, ora, di nuovo immersa nella mia vita, vedere solo il lato poetico di questo viaggio.
Sarebbe tanto bello quanto falso dire che mi sento di aver fatto qualcosa di importante e significativo quando ciò che ho ricevuto e imparato è incommensurabilmente maggiore.
Sarebbe semplice dimenticare il senso di impotenza che ho provato quando non sono riuscita ad aiutare quanto avrei voluto, o le difficoltà che ho incontrato nell’ascoltare le storie di chi dalla vita ha ricevuto più schiaffi che carezze, o il fiato che ci vuole in compagnia di bambini pieni di forze per almeno 8 ore al giorno.
È stata un’esperienza bella perché difficile, difficile perché profondamente vera.
Me la sono dovuta cavare da sola di fronte a lunghissimi viaggi verso l’oceano Pacifico, il mercato artigianale di Otavalo o la Mitad del Mundo; ho vissuto un terremoto e inseguito un autobus; mi hanno chiamato per l’altoparlante dell’aeroporto e mi hanno aperto la valigia per controllarne il contenuto ma soprattutto ho assistito alla povertà che mi è sembrata più dignitosa di qualsiasi inutile lusso, alla gioia negli occhi di chi avrebbe avuto tutte le ragioni per piangere, alla condivisone del tutto, alla serenità nella semplicità, alla generosità e all’assenza di pregiudizio di chi si è affezionato a me anche se mi sentivo inutile e incapace.
È difficile descrivere l’intensità di quei giorni e lo spessore morale di chi ho incontrato; è complicato spiegare la complessità e la varietà dell’Ecuador e del suo stile di vita, di una realtà fatta di sorrisi rilassati ma segnati dalla fatica, di tempi che si dilatano, di odori forti e cibi caldi, di problemi difficili da affrontare, di anacronismi e di contraddizioni che colpiscono così come di gesti che stupiscono.
È difficile ed è giusto che sia così perché alcune cose non si devono scrivere ma vivere.
E chi sente di doverlo fare, deve farlo, deve viverlo, deve partire. Io l’ho fatto.

Angela Brotto - Cittadella