Alessio Brandolese

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Tutto è cominciato quando ho ricevuto la notizia di aver vinto una borsa di studio annuale in Ecuador.
Avevo 16 anni e una grande avventura di fronte: un viaggio in un paese lontano del quale conoscevo veramente poco.
Dopo qualche mese ho salutato famiglia ed amici e sono partito. L'emozione del mio arrivo a Quito è stata fortissima, non conoscevo nessuno, né luogo né le persone intorno a me, ma non ero spaventato anzi, ero eccitato all'idea di andare verso l'ignoto.
Il programma prevedeva di essere ospitati da una famiglia ecuatoriana in una delle diverse città dove aveva sede AFS (l'associazione grazie alla quale sono partito). Io vivevo a Salcedo, la città famosa per il gelato, e per mia fortuna ho passato tutto l'anno in una famiglia meravigliosa che ha saputo accogliermi a braccia aperte senza chiedere nulla in cambio. Ero el "hermano mayor" perché avevo due fratelli e una sorella più piccoli di me, ma anche el "hijito mayor" per mia mamma che si prendeva molto cura di me.
Durante l'anno ho frequentato la scuola, ma ho anche avuto l'occasione di visitare tantissimi luoghi meravigliosi e di conoscere nuove persone. Ed è stato proprio il mio desiderio di girare l'Ecuador che mi ha portato fino alla "Parroquia Maria Estrella" di Quito dove ho conosciuto Don Saverio, Don Giovanni e Luigina che erano lì in missione e mi hanno ospitato in più di una occasione. Grazie a loro ho conosciuto la realtà della parrocchia, ho conosciuto i catechisti, aiutato i bambini del doposcuola, aiutato a costruire una nuova cucina per l'asilo, visitato il quartiere, i dintorni... ecc
È stato un anno ricchissimo, un'esperienza unica che mi ha cambiato interiormente e che consiglierei a qualunque altro ragazzo. Ammetto però che non è stato sempre facile; ci sono stati momenti di solitudine e sconforto, ma con il senno di poi riconosco che se non fossi riuscito a superarli forse non avrei imparato il vero significato di un anno all'estero vissuto in così giovane età.

Alessio Brandolese di Padova